Qualche giorno fa ho partecipato come uditrice ad un workshop sulla “disabilità invisibile” organizzato dall’azienda per cui lavoro.
Tanti i concetti in cui mi sono ritrovata essendo mamma e caregiver di Lara affetta da POIC.
Una frase mi ha colpito in particolare e forse è stata la frase che, in quel contesto, ha suscitato poca curiosità da parte della maggior parte dei partecipanti, ma per me è stata illuminante. E con questo articolo ho il desiderio e forse il dovere di condividerla con voi mamme, papà, cargiver, sibling e tutti coloro che direttamente hanno cura di un bambino/adolescente/giovane adulto con patologia rara, cronica e complessa.
“La disabilità genera disabilità”.
Concetto profondo, ampio, con tante sfaccettature ma è un concetto VERO. Un concetto che è sicuramente soggetto a varie interpretazioni.
Di seguito la mia …
Per poter gestire le malattie croniche complesse bisogna imparare tantissime cose nuove. Si diventa esperti in anatomia, infermieristica, medicina, psicologia, nel caso di mia figlia, anche nutrizione. Si diventa equilibristi in un contesto familiare per dare a tutti le stesse attenzioni. Spesso ci sentiamo dire “sei in gamba” “sei diventata proprio esperta” “se non ci fossi tu chissà chi altro avrebbe potuto fare lo stesso” “hai sviluppato notevoli capacità interventistiche nelle situazioni più delicate” e così via…
E sono affermazioni che sicuramente hanno un effetto onda per continuare a fare e a mettere tutte le energie in questa direzione. Non che per i nostri figli, senza frasi cosi motivanti, non avremmo dato ugualmente il massimo, ma sentirsi dire che stiamo facendo bene è sicuro un moltiplicatore di energie per fare e dare ancor di più per questa causa.
Però, sentire, ascoltare, metabolizzare e trascrivere la frase “disabilità genera disabilità” ha aperto una “porta” su questi ultimi miei 10 anni. Una porta che avevo tenuto chiusa oppure che non avevo mai visto o voluto vedere.
I genitori, i caregivers, i sibling diventano anch’essi “disabili”, più invisibili dei disabili stessi.
Mi riferisco a tutta una serie di conseguenze, spesso invisibili alle altre persone, a cui andiamo incontro, come l’insonnia (di riflesso o per motivi collegati alla gestione della patologia del piccolo), continui mal di testa, convivere con l’ansia cronica perché si ha costantemente paura che possa arrivare un episodio di epicrisi tipico della patologia. Perdita di possibilità nel poter prendere qualunque decisione se non condizionata dalla condizione del proprio “accudito” in quel momento. Perdita di capacità di concentrazione, depressione, alterazione della percezione della fame dovuta allo stress. Assenza totale di libertà. Frustrazione. Frustrazione che protratta negli anni può diventare molto dannosa per tutte le parti coinvolte. Somatizzazione, quindi l’emergere di malanni fisici di vario genere per una situazione troppo grande troppo stressante da sopportare. E tanto altro.
Queste sono solo alcune delle “disabilità invisibili” che possono colpire i caregivers e di cui pochissimi si accorgono e pochissimi si preoccupano. Forse perché apparentemente si cerca di continuare a condurre una vita familiare e personale normale ma non è così. Non dobbiamo avere vergogna a dirlo, la condizione, di chi si prende cura di un malato cronico complesso, cambia radicalmente. Si diventa “disabili invisibili” e lo siamo diventati ognuno a proprio modo a causa della condizione di salute della persona a cui teniamo di più al mondo e per cui siamo pronti a subire ancora altre conseguenze anche più pesanti per il suo bene.
Ma bisogna esserne consapevoli. Capire a tutto tondo in che situazione ci si trova. La consapevolezza e soprattutto l’accettazione di essere “disabili invisibili” nella gestione delle malattie croniche complesse può fare la differenza per non mollare, per non lasciarsi andare.
È un aspetto nascosto dietro una porta che, a mio avviso, nel momento giusto, deve essere aperta.